INTELLIGENZA ARTIFICIALE | Il 2022 sara’ ricordato come l’anno del lancio del Metaverso, senza dubbio una delle buzzword che piu’ ha incuriosito addetti ai lavori, imprese, semplici persone e curiosi, nativi digitali e non. Il 2023 è cominciato invece all’insegna dell’intelligenza artificiale, dei suoi sviluppi, esperimenti e delle sue promesse per un radioso futuro. Tutte le principali economie mondiali stanno adottando modelli di sviluppo basati non solo sull’innovazione e l’inclusività ma anche sull’intelligenza, un termine che al suo interno racchiude un rimando implicito a sostenibilità, ricerca, qualità, conoscenza. Un modello intelligente di sviluppo ha come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo, potremmo dire il suo sviluppo integrale per usare un termine caro alla dottrina sociale della Chiesa, senza dubbio tra le punte piu’ avanzate della riflessione sul cambiamento e sul futuro che ci aspetta. La tecnologia rappresenta un asset importante per questo modello di sviluppo. Al centro di una nuova e interessante ondata di “innovazioni a grappolo” non possiamo non individuare l’intelligenza artificiale. Ma è sufficiente questo strumento per garantire uno sviluppo davvero ecosostenibile e orientato allo sviluppo e al benessere del singolo e delle comunità in cui si organizza? La risposta è no. La dimensione artificiale non potrà mai alimentare e sostenere da sola il miglioramento delle nostre condizioni di vita, non potrà essere il perno esclusivo dell’innovazione tecnologica e non potrà promettere altro che una sorta di rimescolamento dei saperi e delle conoscenze. Piu’ che un ampliamento delle capacità creative ed interconnettive dell’essere umano, potrebbe rivelarsi una limitazione, uno strumento di pigrizia e non di stimolo. Delegare i processi creativi alle macchine potrebbe portarci a risultati sorprendenti, cosi’ come potrebbe portare ad una sorta di sterilizzazione cognitiva di massa, lasciandoci senza futuro.
Se vogliamo davvero costruire un modello intelligente di sviluppo che sia in grado di generare valore condiviso per il singolo e le comunità dobbiamo affiancare alle grandi potenzialità dell’intelligenza artificiale altre due “intelligenze”: l’intelligenza artigianale e l’intelligenza emotiva.
INTELLIGENZA ARTIGIANALE | In un’economia come quella italiana ed europea la dimensione del saper fare e del saper coniugare cuore, testa e mani in una sorta di miracolo operoso ed imperfetto, ha un ruolo centrale. Che va esaltato, incoraggiato, stimolato, sostenuto. Con intelligenza artigianale non mi riferisco solamente al lavoro artigiano, colonna portante del modello Italia, ma ad una capacità ben piu’ ampia e diffusa di creare, sperimentare, risolvere problemi, sbagliare e riprovare, esplorando soluzioni nuove, originali, belle, buone e ben fatte. A regola d’arte. Quella stessa arte, in senso tecnico che richiede di essere oltrepassata e innovata. Nell’intelligenza artigianale ritroviamo il talento imprenditoriale, il problem solving, l’orientamento al risultato, la costanza, la resilienza, la flessibilità. E’ questo un patrimonio che dobbiamo non solo difendere. Come nella parabola dei talenti, dobbiamo evitare che venga seppellito sotto le promesse di uno sviluppo solo artificiale, bensi’ dovremmo preoccuparci che sia messo a frutto, anche in collaborazione con le potenzialità dell’intelligenza artificiale.
INTELLIGENZA EMOTIVA | Non possiamo poi trascurare la dimensione della relazione tra gli uomini, che non potrà mai essere sostituita da una relazione uomo-macchina, per quanto avanzata e modellata a priori sulle relazioni umane. Le macchine comprendono nel senso che capiscono gli stimoli ed imparano da essi, ma non sentono, non provano emozioni, impulsi. Non possono godere del piacere del disordine, perche’ tutto nelle macchine è ordinato, preciso, calcolato. Anche la risposta piu’ soprendente di un automa altro non è che frutto di un calcolo matematico, per altro assai povero: una somma di bit. Una risposta binaria. Fortunatamente l’alfabeto umano non è binario, ma molto piu’ ricco. Le macchine non sono dotate di quell’irrazionalità e di quell’istinto che da sempre albergano invece nell’uomo. Grazie a sofisticati algoritmi potranno risolvere problemi complessi ma non saranno mai in grado di mettersi nei panni di un uomo e di compatirlo, nel senso piu’ latino del termine, ovvero non saranno mai in grado di “sentire insieme”. La nostra società, per riequilibrare l’avanzata della dimensione artificiale deve riscoprire a tutti i livelli anche l’intelligenza emotiva: è questa infatti la dimensione che ci porta sulla strada del rispetto, dell’attenzione per l’altro, del farsi carico, del prenderci cura, della costruzione di una relazione umana complessa che concorre allo sviluppo integrale di ciascuno.
La sfida che abbiamo di fronte non deve essere quella di una guerra tra le tre intelligenze, ciascuna con i propri araldi e cantori, perche’ perderne anche una sola, renderebbe il nostro futuro piu’ povero e squilibrato. Solo intrecciando i frutti piu’ fecondi dell’intelligenza artificiale, artigianale ed emotiva riusciremo ad esplorare nuove vie per il benessere e per una crescita davvero intelligente.